Concluso il corso per la licenza all’interno del programma accademico dell’ISE per l’anno 2017-18, ne diamo qui breve resoconto come contributo per la ricerca sul tema avviato da un gruppo di docenti ed esperti all’interno del progetto denominato “Per una teologia dell’ospitalità (sostenuto con i fondi dell’ufficio dell’otto per mille della Chiesa Evangelica Valdese)
Per una mistica dell’ospitalità
Attraverso lo studio di alcuni grandi mistici contemporanei, il corso si è proposto di rendere ragione dell’impegno al dialogo interreligioso delle chiese cristiane come invita a fare Schillebeeckx quando afferma “c´è più verità (religiosa) in tutte le religioni messe assieme che in ogni singola religione. E questo vale anche per il cristianesimo. Esistono dunque degli aspetti sorprendentemente ´veri`, ´buoni` e ´belli` nelle diverse forme (umane) di sintonia con Dio, aspetti che non hanno trovato posto nell´esperienza specifica del crisianesimo”. Una mistica per i tempi che viviamo: post-metafisici, perchè non esiste un’unica interpretazione del mondo, e post-secolari , perchè le religioni sono chiamate a non dimenticare il loro compito profetico davanti al dolore del mondo.
Accanto alla presentazione biografica dei singoli “cercatori del dialogo” (da Massignon a Paolo Dall’Oglio, da Henri Le Saux a Panikkar, da Thomas Merton a Simone Weil fino ad Ernesto Cardenal), il corso ha inteso interpretare l’avventura umana e spirituale di questi mistici secondo la cifra dell’ospitalità provando a ricavarne il tratto caratteristico in ogni singola esperienza e le note di educazione al dialogo che tali esperienze suggeriscono.
Volendo, allora, lasciarci guidare dalle esperienze di vita ospitale di tali mistici, durante il corso abbiamo considerato quanto segue. Oltre le frontiere della propria tradizione, la mistica dell’ospitalità può abitare la casa dove vive “l’uomo santo” che dedica tutta la sua vita alla ricerca di Dio nel silenzio e nella povertà sapendo che quello, l’ asharam, è il luogo per eccellenza dei “rinuncianti”, dove imparare a “morire prima di morire”. La casa dove vivere una nuova esperienza religiosa contraddistinta da due tradizioni diverse, dove seguire con audacia e coraggio i livelli più profondi del proprio cammino interiore, dove sapersi persone liminali, abitanti della terra di mezzo, dove la preghiera diventa un mantra (e viceversa) adatto ad esprimere Dio nella sua Deità. Questo il contributo di Henri Le Saux alla mistica dell’ospitalità: egli è stato un “ospite dell’interiorità”.
Ma esperienza di ospitalità è anche quella di chi si rende conto che la realtà del Mistero non si esaurisce in un’unica tradizione religiosa. Per cui “partire cristiani, scoprirsi hindu, diventare buddisti senza smettere di essere cristiani” non è un viaggio esotico tra diverse appartenze religiose. E’, invece, far esperienza del dialogo anche come “luogo inquietante” perchè provoca cambiamenti nella propria autocomprensione se si vuole realmente prendere sul serio le posizioni dell’altro. Essere accolti e ospitati nel mondo dell’altro rimane, quando vero, un “salto mortale”, rischioso ma vitale. C’è poi un carattere insieme plurale ed ineffabile della realtà che solo un approccio mistico permette di vedere, superando la tentazione particolaristica della propria religiosità. Per questo la mistica si presenta come “l’esperienza suprema della realtà”. La mistica non implica una fuga dal mondo o il disprezzo verso le realtà terrestri, ma un’immersione ancora più profonda nelle viscere del reale e nella tessitura del tempo. Si tratta di un’esperienza personale, ma non individualista, da fare con altri ospiti. Questo il contributo di Raimon Pannikar per una mistica ospitale: pellegrino che si è esposto ad altri paesaggi.
La mistica ospitale, poi, è di quel cuore “capace di battere per il mondo intero”. Dove la passione per gli altri è insieme quella per le cose del mondo. E in questa apertura di bellezza c’è spazio anche per l’incontro interreligioso, ricordando che le religioni possono essere conosciute solamente a partire dal di dentro. Non riuscire o volere valorizzare l’altra religione non diminuisce solamente questa, ma la stessa religione che giudica perché si priva di poter appropriarsi di altre possibilità. Questo il contributo di Simone Weil alla mistica dell’ospitalità: conoscere il segreto dei cuori è conoscere il segreto delle differenti forme di fede.
La mistica ospitale è anche quell’esperienza spirituale appassionata per il suo tempo. Non per cedimento “temporale” o per appiattimento sul presente, ma perché sa che la diafania di Dio, la sua universale trasparenza, si dà nella creazione e nella storia. Solo una vera passione per la vita, per la materia e per il mondo può aiutare a cogliere la presenza di Dio in tutto. Perché oltre a sapere, occorre toccare, vivere e sperimentare l’esistenza. La solidarietà alla terra, insomma, riposa in un’esperienza spirituale segnata dalla gratuità della grazia: siamo stati proceduti nell’accoglienza per questo possiamo accogliere. Questo il contributo di Theilard de Chardin alla mistica dell’ospitalità: il mondo come una grande rete interconnessa.
Disperare del presente, allora, è un tradimento della mistica dell’ospitalità. Essa non rimanda la speranza in un futuro lontano, ma si nutre di una speranza molto essenziale, dentro il presente, basata sulla prossimità di Dio e del suo Spirito nascosto nelle cose. Tale speranza aiuta a “seguire in avanti”, ad “allargare le corde e ad oltrepassare le frontiere. Aiuta a percepire la “bontà di tutte le cose”. E anche la solitudine del mistico, allora, non è fine a se stessa, ma abbraccia tutto, non rifiuta niente e nessuno ed è aperta e accogliente. Il monastero, quindi, non può mai essere una fuga dal mondo, al contrario, esso è un luogo dove si fanno proprie le lotte e le sofferenze del mondo. Questo il contributo di Thomas Merton alla mistica dell’ospitalità: monaco contro le ingiustizie del mondo in nome della propria e altrui tradizione religiosa.
E’ forse proprio la vita contemplativa che politicizza la fede. Una mistica dagli occhi aperti (direbbe Metz) è una mistica “cosmica”, di apertura al mondo e di sensibilizzazione del reale. E diversamente dal senso etimologico della parola che comprende l’idea di chiudere gli occhi e la bocca, la mistica dell’ospitalità descritta dalle biografie della ricerca in oggetto è quella con uno sguardo profondamente aperto nei confronti della realtà, del cosmo, del tempo. Questo il contributo di Ernesto Cardenal alla mistica dell’ospitalità: la sua militanza politica è frutto di una profonda introspezione spirituale.
In infine, la mistica ospitale è quella che sa che non si riesce a comprendere l’altro se non diventando suo ospite. Il vero incontro con l’altro non avviene mediante il cammino della sua annessione, ma nell’esercizio autentico dell’ospitalità. E’ mediante il lavoro di condivisione dello stesso pane, dello stesso lavoro e della stessa vita che la verità appare. Questa la testimonianza di due “ospiti” dell’islam come sono stati Massignon prima e padre Dall’Oglio poi.
Alla fine del racconto della vita e delle opere di questi mistici contemporanei ci è stato possibile, allora, trovare le note di una spiritualità dialogica capace di alimentare la cultura e la teologia dell’ospitalità di cui abbiamo bisogno. Ognuno di loro, ciascuno a suo modo e tempo, ha visto il mondo dalla frontiera.
Marco dal Corso