Al convegno «Per una teologia dell’ospitalità» svoltosi all’ISE il 15 marzo 2018, dopo i saluti del preside prof. Stefano Cavalli, ha preso la parola mons Luigi Bressan per accennare al legame tra la varietà delle confessioni e l’ospitalità biblica e alla necessità che l’ortoprassi nasca dalla teologia.
Ha introdotto i lavori il prof. Marco Dal Corso, ricordando l’urgenza di riflettere su come favorire la convivenza in un mondo sempre più interconnesso e plurireligioso. È di nuovo intervenuto il prof. Cavalli per illustrare una caratteristica importante dell’insegnamento di s. Francesco, un’ospitalità fuori degli schemi: accogliere e farsi accogliere con pazienza, servire con umiltà e gioia, sentirsi pellegrini e forestieri a imitazione di Cristo. Nella sua relazione, il prof. Claudio Monge, pensando a un’ospitalità paradigmatica nel fare teologia nella postmodernità, si è cimentato sul rapporto tra pluralismo religioso di fatto e Incarnazione su cui fondare un’attitudine colloquiale nell’incontro con le altre religioni. Il prof. Brunetto Salvarani ha poi riflettuto sull’ospitalità come sfida in un mondo globalizzato e secolarizzato che ci costringe a ricomporre le nostre visioni, a chiederci come promuovere una teologia che sia critica e contemplativa, e come traghettarla nello spazio pubblico. Nel pomeriggio, a parlare delle esperienze di ospitalità si sono alternati, moderati dal prof. Simone Morandini, il prof. Paolo Naso, don Giovanni De Robertis e la dott.ssa Anna Urbani. Il primo si è riallacciato a diversi passi biblici e a vari articoli della Costituzione italiana sull’ospitalità allo straniero, per evidenziare ciò che si fa ma anche ciò che di più si potrebbe fare nella filiera dell’accoglienza, sia dal punto di vista spirituale che giuridico. Il secondo relatore ha descritto l’esperienza vissuta nella sua parrocchia, quanto si sta compiendo per dimostrare prossimità a chi chiede aiuto e dargli speranza di futuro, evitando il puro assistenzialismo; è un tentativo, ha sottolineato, di rigenerare anche la nostra immagine di chiesa. L’ultima relatrice ha portato la testimonianza ecumenica del SAE, presentandone la storia, le esperienze d’incontro e di ospitalità che si vivono al suo interno, dove si cerca sempre di dare la parola all’altro, più che di parlare dell’altro, e di lasciarsi interrogare dalle differenze. I numerosi interventi da parte del folto pubblico che ne sono seguiti sono un indice della rilevanza del tema dibattuto.