L’ecumenismo del sangue in Bonhoeffer e Florenskij
L’ecumenismo del sangue può essere una via per la comunione tra le Chiese cristiane? Il pastore protestante D. Bonhoeffer e il prete ortodosso P. Florenskij, martiri e vittime rispettivamente dei regimi nazista e comunista, possono essere considerate figure paradigmatiche dell’ecumenismo del sangue? Queste domande hanno guidato la ricerca dello studente Andrea Francesco Tessarolo che, con la tesi L’ecumenismo del sangue in Bonhoeffer e Florenskij, martedì 13 giugno ha concluso il suo ciclo di studi all’ISE.
“Oggi esiste l’ecumenismo del sangue. In alcuni paesi ammazzano i cristiani perché portano una croce o hanno una Bibbia, e prima di ammazzarli non gli domandano se sono anglicani, luterani, cattolici o ortodossi. Il sangue è mischiato. Per coloro che uccidono, siamo cristiani. Uniti nel sangue, anche se non riusciamo ancora a fare passi avanti verso l’unità” (papa Francesco). A partire da questa affermazione, lo studente ha indagato la vita di D. Bonhoeffer e P. Florenskij, due originali teologi e testimoni della fede cristiana del Novecento, ripercorrendo la loro vicenda biografica e soprattutto analizzando le loro lettere dal carcere, in cui traspare una consapevole riflessione sul martirio e sulla fede cristiana.
In Bonhoeffer l’esperienza di vita è stata essa stessa una teo-logia, un discorso su Dio: ciò che egli ha elaborato teologicamente lo ha poi vissuto in prima persona; ma anche le sue stesse vicissitudini personali hanno trovato uno sbocco in una riflessione teologica, confermando un legame indissolubile tra vita e teologia. Allo stesso modo, in Florenskij, la vita e l’opera, malgrado siano state tragicamente incompiute, costituiscono una entità indissolubile, un unico tessuto d’incomparabile finezza; nel suo martirio nei gulag sovietici vi si trovano le tracce di un’autentica teologia. Nonostante fosse inghiottito nelle tenebre del totalitarismo sovietico, dove neppure le sue lettere potevano parlare di Dio, egli ha continuato a fare teologia attraverso la sua vita, la carità verso il prossimo e la sua testimonianza di fede.
Il dramma vissuto da Bonhoeffer e Florenskij può portare, dunque, a riconsiderare in modo più ecumenico lo studio della storia della Chiesa, che dovrebbe trascendere i confini confessionali, e presentare così un’immagine più chiara e ampia del cammino di sequela a Gesù Cristo che l’intera Ecclesia Christi ha svolto, ben oltre i confini della Chiesa cattolica romana. Due esistenze teo-logiche, dunque, molto eloquenti e promettenti per il cammino di unità delle Chiese cristiane.