“Ho sempre parlato chiaramente al mondo. Ho sempre insegnato nelle sinagoghe e nel tempio; non ho mai parlato di nascosto, ma sempre in pubblico, in mezzo alla gente”
(Gv. 18,20)
Da qualche tempo anche in ambito filosofico, si discute sempre più frequentemente del ruolo pubblico della religione e della sua teologia[1]. Lo esige, tra l’altro, il passaggio da una “città secolare” a una città sempre più post-secolare. Le religioni e il loro argomentare teologico sono decisi a non ridursi a fatto privato (come preconizzavano i fondamentali delle teorie sociologiche sulla secolarizzazione, al tempo del concilio Vaticano II), ma al tempo stesso a non consegnarsi ai “guerrieri della fede” dentro schemi di tipo fondamentalistico (quale deriva messa in campo dalla stagione della rivincita del sacro). C’è, dunque, un pluralismo inedito che interpella il linguaggio religioso e la sua carica profetica che una teologia pubblica è chiamata a sostenere e interpretare. Un nuovo e diverso modo di fare teologia sembra essere qui in gioco, in gran parte da elaborare.
Ci sono molte ragioni per sostenere un progetto di ricerca sul tema. Tra le altre, quella di non ridurre la religione a dimensione solo privata, rinunciando alla sua carica profetica. Altra ragione è quella di educarsi a utilizzare un linguaggio accessibile anche a chi non appartiene alla comunità religiosa o è di altra tradizione spirituale. A motivare alla ricerca, infine, è anche la necessità di frequentare il dibattito pubblico e partecipare alla costruzione della cittadinanza in dialogo con le scienze sociali, le culture e le religioni. Crediamo, poi, che ci sia anche una ragione “intra” ecclesiale: quella di aiutare le chiese e le comunità religiose a non essere autoreferenziali, superando chiusure identitarie e derive fondamentaliste.
Insieme alle ragioni, anche uno stile: quello della parresia che invita a cercare sempre la verità delle cose, ma anche quello del rispetto dell’alterità, delle posizioni contrastanti e la difesa della laicità come condizione particolarmente favorevole al dialogo. Lo stile della teologia pubblica ecumenica, poi, è segnato dalla prospettiva kenotica dei credenti che impegna a vedere le cose a partire dai poveri e dagli ultimi. Lo stile, infine, non può che essere quello del dialogo ospitale che cerca una verità che è “ulteriore” rispetto ad ogni tentativo di possesso esclusivo: postura che rifiuta l’assimilazione dell’altro, divenendone ospite assetato della sua ricerca di verità.
Una teologia che non si accontenta di interrompere il suo cammino una volta giunta alle soglie della comunità cristiana, pensandosi come accompagnamento del vissuto di fede, e sua legittimazione, nei territori comuni dell’umano vivere e nelle forme istituzionali della sua organizzazione. Dunque, senza temere di frequentare territori esterni, poco conosciuti, magari anche ostili. Perché è proprio qui che viene messa alla prova la bontà della teologia per la fede stessa.
Una teologia che non si accontenta di aprire le porte delle facoltà teologiche o dei convegni a colleghi/colleghe di discipline “laiche”, senza accettare che il pensiero teologico sia anche messo in discussione da questa fugace ospitalità di maniera. Una teologia per la quale la frequentazione con le esteriorità del sapere deve diventare forma mentis interna della stessa impresa teologica.
Una teologia pronta a ripensare anche i suoi cursus e i suoi curricula rispondendo alla domanda: “Quale teologia nello spazio pubblico della socialità umana di tutti?”. Una teologia pronta alla sfida di creare un lessico minimo, anche a livello mentale, per traghettarsi nello spazio pubblico della coesistenza civile.
Progetto di ricerca sulla teologia pubblica ecumenica
Sulla scorta della recente esperienza assieme ai docenti e agli studenti dell’ITE, la proposta è di avviare un percorso di confronto, scambio e ricerca circa la prospettiva di una teologia pubblica ecumenica, coinvolgendo anche altri docenti e teologi/e. Obiettivo del gruppo è quello dell’approfondimento e discussione del tema (anche in vista di elaborare, ad esempio, una proposta di formazione in ordine alla teologia pubblica ecumenica da suggerire alle facoltà di teologia italiane). In questo senso, si raccomanda che il gruppo sia formato da persone delle diverse confessioni e competenze in ambito teologico.
L’ISE figura da realtà di coordinamento del progetto, a cui compete la convocazione degli incontri del gruppo di ricerca (una o due volte l’anno), la redazione dei verbali degli incontri e un ruolo generico di segreteria così come la valutazione circa la pubblicazione presso le riviste degli Istituti referenti (ed eventuali altre riviste del settore) di contributi dei ricercatori coinvolti nel progetto.
Partecipano al progetto (oltre ai docenti ISE e ITE):
- Claudio Monge
- Brunetto Salvarani
- Carmine di Sante
- Marco Campedelli
- Elisabetta Ribet
- Davide Romano
- Fulvio Ferrario
- Giuseppe Buffon
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[1] Per una presentazione della vasta letteratura filosofica e teologica sul tema rimandiamo alla Rassegna sulla Teologia Pubblica apparsa sul numero 1-2, 2020 di Studi Ecumenici.
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• L. Raniero - E. Palmentura, Percorsi di teologia pubblica ecumenica, Ecumenica editrice, Bari, 2022 (la nostra pubblicazione)
• M. Dal Corso - B. Salvarani, Molte volte e in diversi modi, Cittadella editrice, Assisi, 2018 (scarica anteprima in PDF)